Roma, 28 mag. (Apcom) – “La lenta erosione del tessuto familiare”, così il Censis definisce la tendenza che caratterizza la famiglia italiana sia nel recente passato che per le previsioni future. Aumentano le “non-famiglie”, dal `94 al 2002 le persone che vivono da sole diventano il 24,4% in più e nel 2010 rappresenteranno quasi un terzo (31,5%) del totale. Lo si legge sul rapporto “come siamo cambiati” curato dall`istituto.
Le persone sole sono principalmente anziani, e saranno sempre più soli, mentre i giovani annegano i dubbi su un futuro a tinte fosche cercando appagamento nelle attività quotidiane. Guardando alla diminuzione delle famiglie tradizionali, il Censis suggerisce che può avervi contribuito “non poco il sovraccarico funzionale” dovuto al paradosso “di un sistema di protezione sociale che affida alla solidarietà della rete familiare le principali forme di redistribuzione di benessere e assistenza”. Il declino emerge dalle cifre: mentre le coppie con figli sono in calo (-2,6% dal `94 al 2002), oltre alle persone sole aumentano anche le coppie senza figli (+8,3%) e i nuclei monoparentali (+8,9%). Su tutto questo è stato determinante anche l`invecchiamento della popolazione italiana, con un aumento degli over 65 pari a 2 milioni tra il 1991 e il 2001. Per il futuro il Censis vede un ulteriore consolidamento di queste tendenze e ricorda che accanto alla “crescita esponenziale” di separazioni e divorzi – aumentati del 45,4% i primi e del 48,1% i secondi dal `95 al 2001 – si registra un calo dei matrimoni (-10% sullo stesso periodo).
L`Italia resta ancora il paese europeo con il più basso tasso di rotture matrimoniali, ma questi aumenti gettano “una pesante ipoteca sulla capacità di riproduzione” del sistema familiare italiano.
Guardando poi alle nuove generazioni, “sembra che sia passata una guerra”, commenta Giuseppe Roma rivolto ai giornalisti. “Non lavorano, non producono, non fanno figli e non creano reddito – dice – è come se un`intera generazione fosse stata falciata da una guerra”. In questo modo, spiega, si corrompe il tessuto sociale e si rallentano le possibilità di crescita economica.
“In media un giovane italiano deve spendere cinque anni in più per entrare sul mercato del lavoro qualificato”. Giovani, peraltro, che secondo il Censis fanno di tutto pur di non dover pensare al futuro. Tra loro “cova un malessere profondo”, dovuto, dice il rapporto, ad un`incertezza che nasce “nell`instabilità lavorativa e affettiva e nell`indebolimento delle forme tradizionali di integrazione sociale, welfare in primis”. E si dedicano quindi a riempire il presente con le più svariate distrazioni: “non vi è attività, legata al piacere o al divertimento, che non abbia registrato negli ultimi anni un incremento significativo”. Nel 2001 il 67% degli italiani pensava che la propria posizione sociale fosse “migliorata” e solo il 6,9% la reputava peggiore. Sulle condizioni economiche a vedere un miglioramento erano il 58,4%, e sul livello culturale questo valore risultava ancora più alto (75,8%).
Ma nel 2002 gli italiani con più di 18 anni che credono che i loro figli avranno una qualità della vita migliore sono solo il 44%. Cresce il livello di soddisfazione per la vita quotidiana (lavoro, tempo libero e situazione economica), quanto al futuro è meglio limitarsi a sognare: la quota di italiani che dichiara di dedicare parte del proprio tempo libero a sognando o fantasticando passa dal 39,2% del 1993 al 48,2% nel 2001.