Asia

Everest. Una donna del Nepal sul tetto del mondo

  Il 29 maggio 1954 veniva conquistata la vetta dell’Everest. Una riflessione di Marco Banchelli per rendere omaggio oggi ad un’impresa di queste ultime ore. La scalata di Moni Mulepati, la prima donna nepalese “di città” ad aver conquistato il tetto del mondo.
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Moni Mulepati è una giovane di etnia Newari. Vive nella splendida Bhaktapur ed è appena divenuta la prima donna nepalese “di città” ad aver conquistato il tetto del mondo, la cima del monte Everest.

Un’ulteriore testimonianza di come, nonostante tutti i problemi politici e sociali del Nepal, anche la condizione della donna sia in piena evoluzione.

Non voglio perdermi adesso in considerazioni tecniche-alpinistiche né soprattutto in giudizi e polemiche con recenti inchieste riguardanti le umiliazioni e le penalizzazioni dell’essere donna oggi in Nepal. Temo che questo tipo di limitata informazione non sia di aiuto a nessuno. Anzi, c’è il rischio che vada ad aumentare una certa confusione in atto ora più che mai tra le altre notizie di imprese himalayane, tra reportage di viaggio “tutto bene e sorrisi” come alcuni programmi televisivi propongono e solidarietà, tra un attentato dei guerrieri rossi ed una rappresaglia governativa.

In particolare nell’attuale realtà del Nepal, i diritti della donna non possono dividersi dai diritti dell’uomo e di tutto un popolo e soprattutto nelle fasce più povere e deboli. Forse proprio per queste ed in queste condizioni ha avuto il terreno più fertile la stessa rivolta maoista, nata, al di là delle bandiere e delle fedi, per dare DIGNITA’ di ESSERI UMANI a troppi che non l’avevano.

Come si poteva ancora pretendere e tollerare ad esempio, che un nostro simile fosse impiegato in lavori da autentico “mulo” e magari per ½ Euro al giorno! E questo e naturalmente che si trattasse di DONNA o UOMO.

Insieme a Moni, penso adesso a tutte le donne che conosco, amiche, mogli o figlie di amici, contadine, giornaliste, segretarie, manager, studentesse ed insegnanti: Bindu, Tankumari, Radika, Rosy, Pratima, Rasmila, Kabila, Sunita, Deepa e tante altre. Penso all’amica scalatrice Upasana Malla, con la quale ebbi modo di condividere nel 1998 la conquista del “lago più alto del mondo”… Donne che, nella condizione loro e della loro famiglia come nella condizione del loro villaggio o della loro città, sono comunque “realizzate” e felici.

In queste ore sulla vetta dell’Everest quasi si è perso il conto degli scalatori che ne hanno conquistato la vetta, pare che siano arrivate anche due donne iraniane, le prime musulmane… E poi coreani, messicani e americani. Ed il Nepal continua a far notizia soprattutto grazie a loro.

Oppure per gli “intoccabili” o le varie discriminazioni di caste o altre condizioni che sanno di pietismo e di squallida povertà. Ma il Nepal è una realtà ben più complessa e meritevole di ben altra attenzione. Cultura, tradizioni e storia da Shiva a Siddharta fino a Re Birendra e Pachandra contribuiscono a farlo sembrare molto lontano. Ma non lo è.

Probabilmente il Nepal è molto più “vicino” di quanto ci si possa immaginare.

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