Contesto
La scarsità alimentare ha continuato a colpire sette milioni di persone e una nuova carestia ha minacciato gli abitanti della regione di Somali nella parte orientale del Paese. Una parte consistente del debito estero dell’Etiopia è stato condonato. Le organizzazioni di soccorso internazionali hanno espresso preoccupazioni per il controverso piano triennale del governo per trasferire 2.2 milioni di persone e alleviare l’insicurezza alimentare. Nei campi di accoglienza, oltre all’alto tasso di mortalità infantile, sono state segnalate carenze alimentari e malnutrizione, mancanza di igiene, assistenza medica e acqua potabile.
A luglio è stato nominato un Commissario nazionale per i diritti umani, ma a fine anno il suo ufficio non era ancora operativo.
Le organizzazioni di difesa delle donne si sono impegnate per facilitare il ricorso delle donne alla giustizia. Hanno tenuto incontri pubblici contro la pratica della mutilazione genitale femminile e il matrimonio precoce delle ragazze.
Il governo ha continuato a dover affrontare un’opposizione armata nella regione di Oromia, da parte del Fronte di liberazione Oromo (OLF) con base in Eritrea, e nella regione di Somali, da parte del Fronte di liberazione nazionale Ogaden (ONLF). Sono proseguiti i preparativi per le elezioni del maggio 2005, alle quali concorreranno 67 partiti regionali e nazionali, fra cui partiti di opposizione.
Tensioni ai confini
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, fra gli altri, ha espresso preoccupazione che le perduranti dispute ai confini possano sfociare in una nuova guerra fra Etiopia e Eritrea. A novembre l’Etiopia ha accettato in linea di principio la sentenza della Commissione per il Confine Eritrea-Etiopia che dichiarava territorio eritreo la città di Badme, in virtù di trattati coloniali che in precedenza aveva rifiutato di riconoscere. Tuttavia, la risoluzione ultima della disputa non è attesa, da entrambe le parti , che fra qualche tempo. Il mandato della Missione delle Nazioni Unite in Etiopia ed Eritrea (UNMEE), che amministra una zona cuscinetto lungo il confine, è stato prorogato. Una Commissione ricorsi, istituita con l’Accordo di pace del 2000, ha dichiarato in aprile e in dicembre che entrambe le parti si erano rese responsabili di violazioni del diritto internazionale umanitario e delle norme sui diritti umani, con riferimento a distruzioni, stupri, rapimenti, uccisioni, maltrattamenti, espulsione e privazione di cittadinanza o proprietà di civili durante la guerra del 1998-2000.
Libertà dei media
Il dibattito relativo alla nuova legge sui media proposta dal governo è proseguito durante tutto l’anno. Le organizzazioni della stampa internazionale hanno criticato tale legge in quanto ancora più restrittiva della già esistente legge sulle stampa, in base alla quale centinaia di giornalisti che lavoravano per la stampa privata erano stati incarcerati. A dicembre un tribunale ha revocato il bando imposto dal governo nel 2003 all’Associazione dei giornalisti della libera stampa etiope, un gruppo editoriale privato che aveva documentato gli abusi sulla stampa e si era opposto alla nuova legge.
Decine di giornalisti arrestati negli anni precedenti per gli articoli che avevano pubblicato, ma che erano stati rilasciati provvisoriamente, hanno dovuto affrontare il processo. A fine anno, solo due giornalisti erano ritenuti essere ancora in carcere.
*Dabassa Wakjira, vice direttore dei notiziari presso il servizio televisivo di Stato, è stato arrestato a maggio e accusato di avere cospirato per il rovesciamento del governo e di essere un membro dell’OLF. Gli è stata negata la libertà su cauzione e a fine anno si trovava ancora in stato di detenzione.
*Tewodros Kassa, direttore del quotidiano Etiop, è stato rilasciato a settembre dopo aver scontato due anni di reclusione per avere pubblicato informazioni false che avrebbero incitato alla violenza.
Giustizia e Stato di diritto
Nonostante i miglioramenti fatti registrare nell’amministrazione della giustizia, la detenzione arbitraria di oppositori del governo, a tempo indefinito senza accuse né processo, resta diffusa. Migliaia di detenuti politici arrestati diversi anni addietro sono rimasti agli arresti senza accuse. Agenti di polizia responsabili di avere sparato contro dimostranti e contro persone sospettate di essere oppositori del governo non sono stati portati in giudizio. Si è avuta notizia di processi politici iniqui e tardivi, nonché di torture e maltrattamenti di prigionieri e di “sparizioni”.
*Imru Gurmessa Birru, ex impiegato del ministero dello Sviluppo del Caffè e del Tè, è stato arrestato a marzo ad Addis Ababa. È stato accusato di legami con l’OLF, e, secondo quanto riferito, torturato nella sede della Centrale investigativa della polizia (Maikelawi). Fino al mese di giugno gli è stata rifiutata l’assistenza medica per il diabete di cui soffre e per le ferite riportate in seguito alla tortura ed è stato in seguito nuovamente incarcerato mentre era in cura. A fine anno, si trovava ancora in carcere senza processo.
*Circa 28 membri del partito del Congresso democratico popolare di Gambela, all’opposizione, arrestati nel 1998, sono rimasti incarcerati senza processo ad Addis Abeba. Fra di essi vi era l’ex governatore regionale Okello Nyigelo.
*A settembre, nella città di Dire Dawa nella parte orientale del Paese, alcuni poliziotti armati hanno tentato di disperdere una folla inferocita per la confisca di beni da parte della dogana, tentativo che si è concluso con sei persone uccise e 19 ferite. A fine anno non si aveva ancora notizia di un’inchiesta governativa sui fatti.
Dimostrazioni e arresti nella zona di Oromo
Più di cento persone sono state detenute brevemente a gennaio in seguito a una dimostrazione organizzata dall’Associazione Mecha Tulema, un’organizzazione oromo da lungo tempo esistente. La protesta era stata indetta per protestare contro il trasferimento da parte del governo federale della capitale regionale e centro amministrativo della regione Oromia dalla capitale nazionale Addis Abeba, dove si trova una cospicua popolazione oromo, ad Adama (nota anche come Nazareth) nell’Oromia orientale.
Otto studenti oromo dell’Università di Addis Abeba sono stati arrestati per avere criticato il governo regionale oromo durante un evento studentesco il 18 gennaio. Altri 300 studenti che avevano dimostrato in favore del loro rilascio sono stati essi stessi arrestati nel campus universitario. Durante la detenzione hanno riferito di essere stati picchiati e costretti a eseguire esercizi dolorosi. La maggioranza di loro sono stati rilasciati senza imputazione dopo pochi giorni. L’amministrazione dell’università ha sospeso gran parte degli studenti e ne ha espulsi altri.
Fra febbraio e aprile si sono svolte ulteriori dimostrazioni contro il trasferimento della capitale regionale cui hanno partecipato migliaia tra studenti e professori nella maggior parte delle città della regione di Oromia; gran parte delle scuole della regione sono state chiuse. In alcune occasioni, la polizia ha sparato per disperdere i dimostranti, uccidendo diversi scolari. I dimostranti sono stati incarcerati per diversi mesi; alcuni sono stati picchiati e costretti a strenui esercizi fisici durante la detenzione. Il governo ha accusato l’OLF di avere organizzato le dimostrazioni.
A maggio la polizia ha arrestato tre dirigenti della Associazione Mecha Tulem, fra cui Diribi Demissie, presidente della stessa. Essi sono stati accusati di cospirazione armata e di appartenenza all’OLF, assieme ad altri 25, fra cui diversi studenti universitari arrestati a gennaio. I tre sono stati rilasciati in novembre su cauzione.
Più di trecento persone sono state arrestate nella città di Agaro nell’Oromia occidentale ad agosto, come parte di una sistematica campagna di arresti di massa di appartenenti all’etnia oromo sospettati di sostenere l’OLF. La maggior parte degli arrestati sono stati rilasciati a ottobre, ma alcuni sono stati incriminati. Fonti riferiscono che i detenuti sono stati torturati e che alcuni sono “scomparsi”; si ritiene che alcuni si trovino presso centri di detenzione segreta.
Uccisioni e detenzioni nella regione di Gambela
Una commissione d’inchiesta guidata dal presidente della Corte Suprema è stata istituita dal parlamento in aprile a seguito dell’uccisione di numerosi membri dell’etnia anuak nella città di Gambela nel dicembre 2003. A luglio la commissione ha riferito che erano state uccise 65 persone, di cui 61 anuak e quattro membri di gruppi etnici degli altipiani, 75 erano state ferite, e che circa 500 case erano state date alle fiamme e saccheggiate. La commissione ha rilevato una situazione di conflitto etnico nella regione. I tre giorni di uccisioni avevano avuto inizio il 13 dicembre 2003, dopo l’esibizione in pubblico dei cadaveri di otto persone che si riteneva fossero state uccise da un gruppo armato anuak. La commissione ha criticato le autorità regionali per non avere adottato le misure necessarie per scongiurare la violenza e ha accertato che soldati federali erano stati coinvolti nelle uccisioni a fianco degli abitanti degli altipiani. La commissione non ha espresso raccomandazioni circa l’incriminazione dei responsabili, siano essi poliziotti, militari o civili. Per quanto risulta ad AI, a fine anno nessuno era stato portato in giudizio per le uccisioni degli anuak.
Secondo fonti ufficiose e secondo la testimonianza dei superstiti, gli uccisi sono stati diverse centinaia e molte donne sono state stuprate. La violenza si è estesa anche ad altre città e villaggi della regione. Centinaia di persone sono state arrestate e torturate, tra cui impiegati pubblici e studenti, presumibilmente perché sospettati di essere coinvolti nell’omicidio delle otto persone. A fine anno si trovavano ancora in stato di detenzione senza accuse né processo.
Nel corso dell’anno, in altre città e villaggi della regione di Gambela, si sono verificate altre uccisioni arbitrarie e arresti ad opera dell’esercito. A gennaio, 300 persone sono state uccise dall’esercito nell’area delle miniere d’oro nei dintorni della città di Dimma.
Difensori dei diritti umani
Il professor Mesfin Woldemariam, già presidente del Consiglio etiope per i diritti umani, e Berhanu Nega, presidente dell’Associazione economica etiope, sono rimasti in libertà su cauzione in attesa di processo per l’accusa di istigazione alla violenza durante le dimostrazioni presso l’università di Addis Abeba nell’aprile 2001, accusa da loro respinta.
Processi Dergue: aggiornamento
È proseguito il processo a carico di 33 alti funzionari del precedente governo di Mengistu Hailemariam, accusati di genocidio, omicidio, tortura e altri crimini. Altri, fra cui l’ex presidente Mengistu, sono sotto processo in contumacia. L’Etiopia ha reiterato la sua richiesta di estradizione dallo Zimbabwe, senza risultato. Sono continuati anche i processi di diverse centinaia di ufficiali di grado inferiore, la maggioranza dei quali detenuti sin dal 1991; durante l’anno diversi di loro stati condannati a morte.
Pena di morte
Sono state comminate diverse condanne a morte, ma non sono state riferite esecuzioni. A ottobre, tre combattenti dell’OLF in stato di detenzione sin dal 1992, fra cui Asili Mohamed, una donna, sono stati condannati a morte dopo essere stati incriminati per l’omicidio e la tortura di civili nella città di Bedeno nel 1992. Essi hanno negato le accuse e a fine anno il loro appello di fronte alla Corte Suprema era ancora in corso.
Missioni di AI
Rappresentanti di AI si sono recati in diverse parti dell’Etiopia nel mese di marzo.
Amnesty International, 26 maggio 2005.