Sinossi
Dopo il ferimento di due lavoratori della Costa d’Avorio, gli africani di Rosarno si ribellano. È il 12 dicembre 2008. Il loro gesto segna il confine tra la rassegnazione e la protesta, tra il consueto e l’inaccettabile.
Non sono i cittadini italiani a trovare il coraggio della rivolta civile, ma quelli che la televisione e i politici chiamano “clandestini”. Rosarno è uno dei tanti paesi agricoli del Meridione dove gli immigrati sono sfruttati, sottopagati, umiliati. Ma è anche l’unico dove, dal 1992, sono vittime di sconcertanti episodi di violenza.
La popolazione è oppressa da un sistema mafioso fatto di narcotraffico intercontinentale e arcaismo brutale, boss rapinatori, violenze quotidiane.
La storia della Piana è però molto contraddittoria, e ha vissuto momenti eroici, anche recenti, di lotta al latifondo ed alla mafia. L’esempio degli africani, che rifiutano il fatalismo fino dal momento della partenza, indica a tutti gli italiani una possibile via di salvezza.
Introduzione. Gli africani di Rosarno
Perché questo libro? Per ricordare i fatti di Rosarno e le loro conseguenze. Ma soprattutto per provare a correggere un immaginario collettivo profondamente sbagliato.
Per i media e dunque per il senso comune, Rosarno è la metafora di una bomba pronta a esplodere ovunque ci siano tensioni tra immigrati e italiani. Per noi è la speranza: anche un luogo estremo e senza luce può innescare processi di cambiamento se viene contaminato da mentalità differenti. “Luoghi-mondo che non si incontrano”, li ha definiti Stefano Boeri, architetto del Politecnico di Milano, che ha promosso progetti visionari (e ignorati) per valorizzare le potenzialità della Piana e la presenza dei migranti. Insieme ai suoi studenti provenienti da tutto il mondo è stato l’unico a non considerare Rosarno come un “problema” da risolvere.
In Italia infatti la raccolta dei pomodori (o delle arance o delle patate) si affronta abitualmente con gli strumenti dell’emergenza umanitaria: container e tendopoli. Perché non cominciare dalla questione sindacale? La povertà estrema dei braccianti dipende dai salari bassi e da una filiera malata.
Prefazione di Valentina Loiero
Introduzione di Giuseppe Lavorato