ROMA – “Quando ho saputo che li avevano presi ho smesso di avere paura”. H. non è ancora maggiorenne, eppure col suo italiano stentato e il suo corpo minuto è stata catapultata da Edo State, la regione nigeriana di Benin City, alle fredde strade del Nord Italia. Le avevano promesso un lavoro sicuro nel settore del commercio, è diventata carne da macello per una rete molto più grande di lei. Trentacinquemila euro da restituire e un giuramento voodoo come assicurazione. La sera in cui i finanzieri l`hanno trovata senza documenti, appena scesa dal treno regionale, aveva solo due possibilità. Rassegnarsi ad un`espulsione e tornare a casa o denunciare una grande connection internazionale di trafficanti. Rischiando seriamente la pelle.
Vivere in un luogo segreto. Una ragazzina che non ha neanche chiaro in quale parte del mondo si trovi non è in grado di fare una scelta del genere. Solo l`intervento di un`associazione evita che una vittima di tratta venga espulsa. Solo un consulente legale può spiegare che esiste un sistema di protezione. “La prima volta che ho parlato con i poliziotti ho avuto paura”, ci dice H. Adesso vive in segreto all`interno di una comunità di accoglienza, presto avrà un permesso di soggiorno.
L`operazione Caronte. In questo momento ci sono almeno settantasei persone che hanno voglia di vendicarsi di lei. Ventidue arrestati e 54 denunciati in tutta Italia, da Torino a Crotone. Come parte offesa ha testimoniato, confermando alla DDA volti e nomi dei suoi aguzzini, tutti connazionali. Una basista in Italia riceveva le foto delle ragazze nella sua casella di posta elettronica ed esprimeva un giudizio: questa fatela partire, questa no. I complici africani cercavano i visti per le ragazze da inviare in Europa, in aereo. Chi non riusciva ad avere il documento passava dalla Libia e tentava lo sbarco a Lampedusa. L`indagine ha evidenzato l`invio di “quote” di persone da destinare alla prostituzione, con un debito da ripagare fino a 40mila euro.
Finire nelle piazzole lungo strade secondarie. Appena giunte, le donne venivano contattate da nigeriani già residenti, ricevevano schede telefoniche intestate a soggetti inesistenti (e dunque non intercettabili) e finivano in strada in città diverse, con frequenti scambi di località. Con duecento euro al mese di affitto del “joint”, quasi sempre una squallida piazzola di sosta di una strada secondaria, si ripagava il debito. In più, ovviamente, c`era l`incasso dei proventi delle prestazioni sessuali. Le ragazze non potevano uscire da sole ed erano strettamente sorvegliate da altre donne, spesso nigeriane che da vittime erano diventate carnefici.
Il gesto di H. non è isolato. Anche altre ragazze hanno scelto di testimoniare. Nel corso degli anni le ex prostitute sono state decisive nello smantellamento delle reti criminali transnazionali. Un contributo fondamentale e sconosciuto che ora lo Stato italiano ha deciso di gettare via. Il sistema dell`articolo 18 permette alle vittime di tratta che denunciano di ottenere un permesso di soggiorno, ricostruirsi una vita e – più o meno consapevolmente – annientare le reti di trafficanti e sfruttatori. È considerato in Europa come una buona prassi da imitare. Ma dall`anno prossimo potrebbe essere sostanzialmente smantellato. “Più che la crisi, quello che ci sta massacrando sono i tagli al welfare”, dice Alberto Mossino dell`associazione PIAM, da anni impegnata nelle unità di strada. “Un sistema che costa 8 milioni di euro l`anno e che finora ha permesso di contrastare in modo serio le mafie internazionali”. Per il 2014 è previsto un intervento di soli 3 milioni. “Risaneranno il bilancio dello Stato con 5 milioni risparmiati sulla tratta?” chiedono i volontari.